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Dai Farnese ai Borbone

Storie di musei e collezioni tra Parma, Piacenza, Roma e Napoli

In occasione della Giornata internazionale dei musei (18 maggio), il cui tema dell’anno è: Musei, Sostenibilità e Benessere, vi proponiamo un itinerario storico-territoriale per conoscere la genesi del sistema museale della Campania, oggi uno dei maggiori poli culturali al mondo, che ebbe origine nel ‘700 dalle vicende europee legate agli ultimi Farnese ed i primi Borbone delle due Sicilie.

Alla morte senza eredi maschi di Antonio Farnese nel 1731, l’intero patrimonio culturale farnesiano di opere d’arte – costituito in circa due secoli di collezionismo tra Parma, Piacenza e Roma – passò per volontà ereditaria a Carlo di Borbone, primogenito di Elisabetta Farnese moglie di Filippo V re di Spagna. Nel 1734, dopo aver lasciato i ducati farnesiani alla volta della conquista del Regno delle due Sicilie, Carlo di Borbone dispose il trasferimento di buona parte dei beni farnesiani a Napoli tra il 1735 e il 1739, anche a seguito della rinuncia del titolo di duca di Parma in cambio del trono di Napoli e di Sicilia.

La collezione Farnese, costituita da opere di interesse artistico-archeologico – gemme, monete, disegni, libri, arredi, quadri, strumenti scientifici, sculture – fu dapprima sistemata a Palazzo Reale di Napoli e poi trovò adeguata collocazione nella Reggia di Capodimonte – costruita a partire dal 1738 per soddisfare le passioni venatorie e le iniziative manifatturiere del re. Tra il 1756-59 Giovanni Maria della Torre, incaricato della cura della collezione, annunciava a Carlo di Borbone di aver completato il “Real Museo Farnesiano”:

“già posto in ordine, tanto per quello che riguarda le antichità in esso contenute, quanto per quello che spetta la Galleria de’ quadri”

Il secondo nucleo collezionistico, ebbe diversa origine, ovvero legato all’impresa archeologica di Carlo di Borbone con la quale a partire dai primi anni del regno portò alla luce diversi reperti archeologici dalle città vesuviane di Ercolano (1738), Pompei (1748) e Stabia (1749). L’importanza dei reperti che affiorarono e l’interesse che suscitarono in Europa per la conoscenza della civiltà romana, fecero maturare a Re Carlo l’idea di collocare la più grande raccolta archeologica al mondo a Portici – la sua residenza reale estiva costruita a partire dal 1738. Il nuovo “Real Museo Ercolanese“, inaugurato poco prima del 1758, oltre ad attirare il desiderio di studio e visita di artisti e viaggiatori da tutta Europa, contribuì anche alla nascita della moderna scienza archeologica, alla diffusione della nuova corrente neoclassica e alla nascita delle prime leggi di tutela del patrimonio nel Regno delle due Sicilie.

Il corso della politica museale borbonica trovò alla fine degli anni ‘70 del 700 un importante momento di sintesi con esiti positivi per le successive vicende culturali di Napoli. Ferdinando IV di Borbone, figlio di Carlo di Borbone, a partire dal 1777 dispose il trasferimento dell’Università al Collegio Massimo dei Gesuiti per lasciare libero il Regio Palazzo degli Studi – oggi noto come Museo Archeologico Nazionale di Napoli – ove, negli anni a seguire, confluirono le raccolte farnesiane di Capodimonte e quelle archeologiche di Portici, affiancate dal nucleo archeologico romano al Palazzo Farnese, che il sovrano decise di spostare a Napoli. In tal modo, alla fine del ‘700, prese forma il progetto del “Real Museo Borbonico“, su modello di quello illuministico universale, che con la presenza di altre collezioni e istituzioni culturali e scientifiche al Palazzo degli Studi (la Real Biblioteca, l’Accademia del Disegno, l’Officina dei Papiri), dava forma ad uno dei più grandi musei didattici d’Europa destinato alla pubblica fruizione.

A seguito di svariate vicende ed ulteriori trasferimenti, il patrimonio culturale farnesiano-borbonico è oggi custodito e fruibile a Napoli e nei suoi dintorni, presso il Palazzo Reale di Napoli e le altre residenze reali di Capodimonte e Caserta, oltre al Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed i Parchi Archeologici di Ercolano e Pompei e Stabia.

Negli ultimi anni, grazie all’intervento di politiche culturali sempre più attente al rapporto tra museo e comunità, è cresciuta la consapevolezza che i musei, oltre ad essere luoghi di conservazione della memoria, sono strumenti di scambio culturale, crescita civile e sviluppo economico. Da questa evoluzione nasce l’interesse dell’ICOM (International Council of Museums) che nel 1977 ha istituito la giornata internazionale dei musei, individuando ogni anno un tema specifico e promuovendo attività ed iniziative che mirano a valorizzare l’importanza dei musei come istituzioni culturali al servizio della società.

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